L’associazione io non ho paura del lupo:” Presenza del lupo in provincia….”

In Provincia di Parma da alcune settimane il lupo è ritornato al centro dell’attenzione mediatica, con forti proteste che arrivano dal mondo dei cacciatori a causa delle uccisioni di cani da caccia da parte dei lupi durante l’attività venatoria. 

Queste lamentele, raccolte e amplificate dai Sindaci di alcune località, hanno spinto il Prefetto di Parma a convocare due riunioni su temi di “pubblica incolumità”, in un contesto da “allarme sociale” che dal nostro punto di vista appare decontestualizzato dalla realtà e fuori misura.
È bene ricordare che il lupo è presente in Emilia Romagna ormai da circa 40 anni e anche qui la specie è oggi ampiamente diffusa, come nel resto del Paese.
Stiamo parlando quindi di un animale selvatico con il quale conviviamo da decenni, spesso senza neppure saperlo, e che ad oggi non ha mai avuto impatti sulla sicurezza dei cittadini. 

Il fenomeno delle predazioni da lupo ai danni di cani da caccia è un problema già noto da tempo, comune a molti paesi europei, che in Italia, attualmente, resta un fenomeno occasionale e circoscritto a specifici territori. 
Questa problematica si verifica particolarmente durante la caccia in “braccata” che vede i cani liberi di “battere” ampie porzioni di territorio dove la fauna selvatica viene incalzata e mossa in direzione delle posizioni dei cacciatori. 
Tale tipo di caccia, come anche indicato da ISPRA, può risultare inefficace “nel contenere la presenza di cinghiali e i danni da questi causati” è inoltre descritta dallo stesso Istituto come “una forma di disturbo ambientale rilevante” anche per le specie che non sono obiettivo di caccia, come ad esempio il lupo.

Per sua stessa natura la caccia condotta con l’ausilio di cani li espone a molti rischi ed è più che plausibile ipotizzare che ogni anno i cani feriti o uccisi dai lupi siano una percentuale irrisoria, rispetto al numero di cani da caccia uccisi o feriti dai cinghiali. 
Eppure tutte queste morti né fanno notizia sui giornali né scatenano le lamentele dei cacciatori, che sono evidentemente disposti ad accettare tali rischi, tranne quando a ferire o uccidere i cani in attività di caccia è il lupo.

Dal punto di vista monetario occorre inoltre specificare che in tutto il Paese i danni economici provocati dal lupo rappresentano oggi una minima parte sul totale dei danni da fauna selvatica e che i maggiori responsabili di questi danni sono specie cacciate da decenni, come il cinghiale, o altre che vengono periodicamente reintrodotte a scopo venatorio come lepri e fagiani.
Lo stesso dicasi per la sicurezza delle persone, considerato che il lupo ad oggi non ha avuto alcun impatto sulla sicurezza dei cittadini, al contrario del cinghiale, colpevole di attacchi e ferimenti a persone anche nelle scorse settimane.

Oggi la protesta contro il lupo si inserisce in un contesto nazionale che ciclicamente ritorna a far sentire la sua voce e che, anche in Provincia di Parma, richiede un maggiore controllo del lupo attraverso gli abbattimenti. 

Questi, come ci insegna l’esperienza di altri paesi europei, rimangono uno strumento gestionale che non porterà in alcun modo all’eliminazione totale del lupo dal territori. Da qui in futuro sarà quindi necessario per allevatori, cacciatori e agricoltori operare tenendo conto che il lupo sarà una presenza stabile anche nei prossimi decenni. 
Se poi aggiungiamo che in Italia, inclusa l’Emilia Romagna, il lupo è oggi  vittima di un bracconaggio spietato, possiamo già ipotizzare che un “controllo illegale” della specie sia già di fatto in atto.
Il lupo resta oggi una specie rigorosamente protetta, come recentemente ribadito dal Comitato permanente della Convenzione di Berna chiamato ad esprimersi in merito, anche se il grande impatto negativo che la specie porta con sé fin dal medioevo ancora oggi coinvolge cittadini e amministratori locali, spesso impreparati sul tema, che attraverso le proprie dichiarazioni contribuiscono in maniera volontaria o meno alla creazione di disinformazione su un tema che dovrebbe essere trattato esclusivamente da chi ha le competenze in merito.

Concludendo, ci auguriamo che in futuro questi temi vengano affrontati con maggiore consapevolezza, lasciando da parte punti di vista ed emozioni personali che nascono da una scarsa conoscenza dell’argomento, allo scopo di favorire la diffusione delle conoscenze scientifiche oggi necessarie per interpretare fenomeni sì scomodi, ma che fanno parte dei naturali processi che contrappongono uomo e predatore. 
Per tanto auspichiamo che enti ed istituzioni siano maggiormente coinvolte nel dibattito necessario ad affrontare in modo equilibrato e costruttivo l’argomento.
 

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