Una parmense è diventata assessore alla Montagna della regione Emilia Romagna. Intervista a Barbara Lori.

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Il primo febbraio (2019), 4 giorni dopo la sua elezione in consiglio regionale, abbiamo intervistato Barbara Lori per parlare della sua elezione ma anche del futuro suo e delle idee della nuova giunta Bonaccini. Tra i temi toccati la possibilità che potesse diventare assessore regionale, i problemi dei territori montani e quindi della scelta dei suoi abitanti di non votare il Centro sinistra e soprattutto dell’esigenza di una maggiore attenzione della regione alle esigenze delle zone lontane dalla via Emilia, in particolare quelle Appenniniche, della percezione della  lontananza geografica e soprattutto psicologica  di Bologna dalle esigenza e dalle opportunità di questi territori

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Insomma senza volere l’abbiamo  intervistata sulle politiche e le esigenze della montagna senza sapere che alcuni giorni dopo ne sarebbe diventata l’Assessore Regionale.

Abbiamo incontrato la Lori nel Parco Nevicati di Collecchio era un sabato mattina invernale, poche le persone che animavano gli spazi verdi. Questo ci ha permesso di creare un clima  sereno, quasi amichevole che a microfoni spenti ci ha portato a toccare tanti argomenti con particolare attenzione al futuro della regione e del parmense. L’impressione che ne abbiamo avuto è di una donna: gioviale, disponibile, competente ma soprattutto terra terra, senza tante arie da persona che fa cadere le cose dall’alto. Insomma una persona che vuole riavvicinare il Parmense a Bologna e Bologna al Parmense. Vederemo se ci riuscirà.

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I primi passi da parte della regione stanno andando nella giusta direzione. Primo tra tutti quello di creare un assessorato alla Montagna in regione. Un assessorato e non un delega. Un assessorato che avrà uffici, dirigenti, impiegati tutti suoi che dovranno impegnarsi per la montagna per guadagnarsi lo stipendio. Tra 5 anni non potranno dire “…per la montagna non abbiamo fatto nulla perchè ci dovevamo occupare d’altro. ”  E’ la prima volte che accade davvero un bel segnale.  Se poi la sede non fosse a Bologna ma in un qualunque paese dell’Appennino lo sforzo sarebbe immane ed il segno indelebile.

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Ma vi lasciamo all’intervista.

 

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